Per prima cosa si valuta e si monitora il respiro con il paziente. Possiamo valutare se il respiro è superficiale, come molte volte notiamo nell’ ipo-aurosal o se è rilassato e profondo, o se la persona lo sta trattenendo, o se è veloce come nell’ iper-aurosal. Possiamo monitorare se è più marcato l’espiro o l’inspiro e possiamo aumentare la capacità di collegare il modo di respirare e i sintomi comunicando al paziente ciò che notiamo con interventi del tipo: “tanto più ti agiti tanto più il respiro diventa superficiale, lo stai notando anche tu?”, “I sospiri si fanno più numerosi quando dici di sentirti senza speranza”. A questi momenti seguono esperimenti che riguardano modi alternativi di respirare durante la seduta.
Si possono aiutare i pazienti a collegare la loro storia con il modo di respirare, con interventi del tipo: “sembra che da piccolo fosse stato più sicuro restare immobile trattenendo il respiro, vero?”, “quando un bambino impara a respirare in maniera superficiale, viene frenato dall’esprimere le emozioni e dal farsi notare, questo può averti aiutato nel vivere nella tua famiglia di origine”. Capire le funzioni adattative dell’abitudine di respirare può aprire strade verso diversi e nuovi modi di respirare.
Si può chiedere di provare cambiamenti nel respirare con un invito: “si può provare a risolvere queste difficoltà giocando con i modi di respiro, percependo il cambiamento che avviene nell’ansia (o depressione o rabbia o paura…) mutando la tipologia del respiro”
Quando con i pazienti si sono identificati nuovi modelli di respiro che rappresentino una risorsa si possono usare le sedute successive come pratica per lo sviluppo di questa nuova competenza. Periodi stressanti a livello emotivo possono diventare opportunità per sperimentare nuovi modi di respiro con un suggerimento del tipo: “possiamo provare la respirazione con la pancia perché le ha dato calma nell’ultima seduta e notiamo l’influenza sul livello di stress di oggi”
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