Dando uno sguardo al panorama della letteratura scientifica attuale non si può non notare la crescente attenzione che il trauma sta risvegliando a livello sia clinico sia di ricerca.
Il lavoro sulle esperienze traumatiche ha portato con sé la progressiva presa di coscienza del ruolo fondamentale ricoperto dal corpo.
Le memorie traumatiche non sono rimosse, ma non vengono integrate nella sintesi personale. L’esperienza viene registrata a livello di schemi corporei. Per questo le esperienze traumatiche non sono ricordate, ma rivissute. Non sono controllabili perché non integrate nella coscienza. Il trauma viene rivissuto come fosse sempre attuale, la persona si sente ancora minacciata, il corpo è ancora iper-attivato. C’è una sorta di dispercezione temporale, per cui il passato è confuso con presente e col futuro. Parte importante del lavoro terapeutico con persone che hanno subito traumi, pertanto, consiste nel trasformare il rivivere in ricordare, collocando l’esperienza nel passato, dando voce alla narrazione muta del corpo.
Sempre più clinici e ricercatori che si occupano di traumi propongono di integrare nelle terapie fondate sulla parola approcci bottom-up (corpo-emozioni-pensiero).
Uno di questi approcci è la Psicoterapia Sensomotoria. Questo approccio utilizza strumenti di osservazione e di intervento rivolti principalmente al corpo. Il terapeuta si concentra sulla postura, sulle tensioni muscolari, sui movimenti, incoraggiando il paziente a riconoscere ed osservare come le sensazioni fisiche siano legate a particolari emozioni e pensieri e ad integrare queste esperienze corporee nel suo vissuto. Obiettivo principale della psicoterapia sensomotoria è aiutare il paziente a regolare le funzioni neurovegetative alterate, modificando i sintomi somatoformi e alcune credenze patogene. Migliorando la capacità di regolare l’attivazione corporea si facilita l’accesso a stati mentali problematici. Man mano che il paziente sperimenta un certo grado di sicurezza si possono gradualmente affrontare le sensazioni corporee collegate a momenti di difficoltà, concentrandosi sulle reazioni motorie e posturali legate al trauma. Si aiuta il paziente a riconoscere la ripetizione degli schemi corporei di lotta e fuga, di freezing o di sottomissione, innescati dall’attivazione costante dei sistema di difesa (conseguenza della pervasiva sensazione di minaccia che caratterizza gli sviluppi traumatici). Il paziente impara a diventare consapevole del proprio corpo, imparando a riconoscere i propri marcatori somatici. Attraverso questa crescente integrazione mente-corpo, il paziente acquisisce una progressiva capacità di regolazione emotiva, autoriflessività e un maggiore senso di padronanza e competenza.